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<i>OMAGGIO!</i>
Lo scrittore Mario Biondi
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OMAGGIO!

I RACCONTI DELLO SCRITTORE
MARIO BIONDI

©
Divieto di riproduzione integrale
e obbligo di citazione (per cortesia...)

TADZIO COLPISCE ANCORA

(1987)


Primavera 1987. Arrivato Raineri Polese a guidare il settore "Cultura", all'Europeo abbiamo cominciato a divertirci. Tra il turbine delle sue idee, Ranieri propose ad alcuni di noi collaboratori: "Perché non scrivete una fulminea continuazione di un romanzo celebre, a vostra scelta?" Detto fatto: Manlio Cancogni scrisse il sequel di "Delitto e castigo", Nanni Balestrini quello dei "Promessi sposi". Alberto Ongaro si occupò di "Lolita", Giorgio Montefoschi di "Guerra e pace", Giovanni Pascutto di "Pinocchio", Lidia Ravera di "Anna Karenina", Giovanni Raboni di "David Copperfield". Franco Cordelli rimuginò sul "Giovane Holden", Pier Vittorio Tondelli sul "Ragazzo di Tom Ripley". Io ironizzai sgangheratamente su "Morte a Venezia". Ecco qua…


Alla madre di Tadzio non sono sfuggite le occhiate tra il figlio e il defunto von Aschenbach. Allora lo mette in cura da uno psicanalista di Vienna, il quale suggerisce distacco dall’utero materno. In conseguenza di ciò, nonché della Grande Guerra, il medesimo Tadzio, recuperato alle gioie dell’altro sesso, finisce negli Stati Uniti, dove, non più giovanissimo, coglie nell’età dell’innocenza una fanciulla che abita in una grande casa detta "dell’Allegria" o anche "la Gaia", generando (1925) una figlia isterica, ammalata di insonnia e innamorata di Henry Roth (Chiamalo sonno), nonché (1935) un figlio, che invece diventa un re dei farmaceutici (tranquillanti), sposando (1955) una cugina dei Kennedy, frigida ma molto potente. Dal loro matrimonio nasce (tardi, 1965) un figlio unico e sognatore, naturalmente di nome Tadzio.
Poco più che adolescente e cercata invano la propria identità sessuale nei testi dei minimalisti, Tadzio si rifugia in India, dove vive un anno in un ashram denominato Castalia, giocando un gioco detto delle perle di vetro. Quindi, tornato negli States, ha un confronto rivelatore con la zia, in seguito al quale, venuto a conoscenza dell’ambiguo passato del nonno, capisce molto di sé e decide di recarsi a Venezia.
Lì giunto, senza nemmeno andare a riposare un momentino al Danieli o a prendere un Bellini all’Harry’s Bar, niente!, corre subito alla spiaggia per disporsi in mesto raccoglimento là dove ritiene che Aschenbach si sia accasciato. Ma, sorpresa!, vi scopre in lacrime un’eterea fanciulletta di sublime bellezza. Chi, se non una pronipote di Aschenbach? Ebbene: proprio lei, appena uscita da un rigidissimo convento di clausura in un isolotto della laguna, dove si era rifugiata cercando pace per un’atroce delusione amorosa.
Soli, giovani, belli e mestamente raccolti, i due non soltanto si innamorano, ma arrivano persino al trasporto sessuale, con immenso sollievo di Tadzio, che crede di essere finalmente pervenuto alla scoperta della propria identità. Ma purtroppo, scena straziante, si scopre che il ragazzo nell’ashram è stato piuttosto promiscuo e, essendo sieropositivo, ha attaccato l’Aids alla bella.
Accorrono la zia (venuta nel Veneto per assistere all’assegnazione del Premio Nonino al sempre amato H. Roth) e il padre (di passaggio in Italia reduce da un viaggio d’affari a Teheran, Tel Aviv e Tripoli per conto del Dipartimento di Stato), ma a nulla vale un costosissimo rimedio anti-Aids appena messo a punto dalle aziende farmaceutiche di famiglia. La povera Aschenbach muore, tenuta per mano da Tadzio jr, in una Venezia putrescente per effetto del Carnevale.
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